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News da AM ArtEVEnts

 News dal mondo dell’Arte.
 Rubrica a cura di Andrea Malaman





Venezia


ANTONELLO VIOLA. L’oro della laguna

A cura di Elisabetta Barisoni

Un arcipelago intimo e personale prende forma nelle sale Dom Pérignon di Ca’ Pesaro, tra astrazione lirica, indagine pittorica e tensione spirituale.


Nelle opere di Antonello Viola il segno dorato di una Venezia mutevole, stratificata e in costante trasformazione.

Nella personale veneziana di Antonello Viola le opere su vetro ispirate a terre insulari e all’intera laguna veneziana – come arcipelago diffuso – compongono una geografia astratta e interiore. Il progetto espositivo, pensato appositamente per le sale al secondo piano del museo, vede allestita una speciale selezione di dipinti ad olio su vetro e su carta giapponese realizzati dall’artista negli ultimi quattro anni, molti dei quali esposti al pubblico per la prima volta.

Nel confronto con la città di Venezia, Viola accoglie e continua il vibrante rapporto tra luce, cielo e acqua che caratterizza questa città. L’andirivieni di fluidi scandisce inevitabilmente il tempo e la vita. Proprio questo fluire è ciò che l’artista ha cercato nelle sue opere per Ca’ Pesaro: in ogni vetro la pittura assume una dimensione tridimensionale, grazie a lastre disposte su più livelli e dipinte su entrambi i lati. Una superficie fragile e trasparente su cui il tempo si deposita in forma di velature, cancellature e stratificazioni, riflettendo i mutamenti della luce sull’acqua e suggerendo paesaggi mobili, dai confini incerti.

Accanto ai lavori su vetro, la mostra presenta opere su carta giapponese, nate anch’esse da una pratica lenta e meditativa. Antonello Viola lavora per sovrapposizione e sottrazione, costruendo per strati e poi riducendo all’essenziale. Ne scaturisce una pittura che non descrive, ma suggerisce; che non rappresenta, ma evoca. Le superfici diventano luoghi sospesi e silenziosi, capaci di trattenere e restituire luce, tempo e memoria. Una pratica non oggettiva e spirituale; più che di astrazione, si dovrebbe parlare di “non oggettività”, chiamando in causa Malevič e la sua “trasfigurazione nello zero della forma”. Pigmenti, foglia d’oro, trasparenze e cancellature si intrecciano come tracce in trasformazione, generando immagini interiori, mutevoli, aperte all’interpretazione.

Le tonalità di carne e di terre che emergono in queste carte evocano incarnati e fondamenta, intese non come luoghi di separazione, ma come materia di transito e permeazione tra il fluido marino e il corpo della città. Le fondamenta – elemento architettonico e urbanistico che argina e ridefinisce la dimensione liquida di Venezia – sono richiamate da linee essenziali che affiorano e si immergono tra le velature pittoriche, come strutture sommerse trattenute dalla memoria del colore.

Tra le incursioni nella mostra veneziana, Viola riprende il dialogo con la pittura simbolista di Giulio Aristide Sartorio (Roma, 1860–1932) già avviato in occasione della mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. A Ca’ Pesaro il confronto è con le sale adiacenti che accolgono il ciclo monumentale de Il poema della vita umana.

Benché distanti per epoca e linguaggio, in questo grado di separazione Viola e Sartorio condividono una visione dell’arte come esperienza spirituale, contemplativa e la pittura come uno strumento che guarda oltre il visibile, trasformando la materia in veicolo di trascendenza.

Così la mostra L’oro della laguna è al tempo stesso un omaggio alla città e una riflessione sul tempo, sulla pittura e sulla spiritualità. Come le fondamenta veneziane, anche l’opera di Viola è continuamente ridefinita dalla marea della percezione. Influenzato dall’astrattismo costruttivista e allievo di Enzo Brunori, Viola ha fatto della stratificazione e della sottrazione il proprio metodo distintivo.

L’oro della laguna si configura così come un ritratto intimo della città: poroso, stratificato, luminoso, in perenne trasformazione. Un arcipelago immaginario prende forma nei riflessi di Venezia, tra terre affioranti e profondità sommerse, tra isole della laguna e non, tra luce e memoria, tra storia e visione.

La mostra è realizzata con il supporto e la collaborazione di Galleria Alessandro Casciaro, Bolzano – Venezia.



Ferrara


A Palazzo dei Diamanti, saranno esposti i capolavori di due protagonisti dell’arte europea tra Otto e Novecento: 
Alphonse Mucha e Giovanni Boldini, straordinari cantori della bellezza e del fascino femminile.


Dal 22 marzo al 20 luglio 2025



Artista di origini ceche, Alphonse Mucha (Ivancice, 1860 – Praga, 1939) raggiunse fama internazionale nella Parigi fin de siècle. Sebbene sia noto in tutto il mondo per i manifesti degli spettacoli della celebre attrice Sarah Bernhardt, Mucha fu poliedrico e versatile: oltre che pittore, disegnatore e illustratore, fu anche fotografo, scenografo, progettista d’interni creatore di gioielli e packaging designer. Le sue opere divennero presto emblematiche della nascente Art Nouveau, alla cui affermazione contribuì elaborando uno stile inconfondibile e seducente (detto appunto “Le style Mucha”), come dimostrano Gismonda (1894), la serie de Le stagioni (1896), Job (1896), Fantasticheria (1897), Médée (1898). Quando nel 1904 visitò per la prima volta gli Stati Uniti la stampa lo celebrò come «il più grande artista decorativo del mondo».

La grande mostra monografica, organizzata da Arthemisia e Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con la Mucha Foundation, racconta la biografia, il percorso artistico e i molteplici aspetti della produzione di Mucha, il quale era fermamente convinto che la bellezza e la forza ispiratrice dell’arte potessero favorire il progresso dell’umanità e garantire la pace e l’unione dei popoli.


Donne aggraziate ed eleganti furono indiscusse protagoniste non solo delle opere di Alphonse Mucha, ma anche di quelle di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931) che, come l’artista ceco, risiedette stabilmente a Parigi, dove si affermò come ritrattista mondano, ricercatissimo da una facoltosa clientela internazionale. Le sale dell’ala Tisi di Palazzo dei Diamanti ospiteranno una significativa selezione di dipinti, disegni e incisioni dedicati al tema del ritratto e della figura femminile provenienti dal Museo Giovanni Boldini, la più importante raccolta pubblica di opere del grande maestro ferrarese, che riaprirà nel rinnovato complesso ferrarese di Palazzo Massari nel 2026. Accanto a capolavori come La signora in rosa (1916) e Fuoco d’artificio (c. 1890) saranno presentati studi di donne a figura intera e di singoli volti femminili che documentano il rapporto iperattivo dell’artista con la realtà circostante, nonché la sua abilità e prontezza nel registrare pose e attitudini che gli sarebbero poi serviti per conferire vitalità e dinamismo alle protagoniste dei suoi dipinti, contraddistinti da quella peculiare scrittura rapidissima e insieme controllata che rende inconfondibile, e unico, il suo stile.




Vicenza





Dallo scorso 21 dicembre, riaperta al pubblico la nuova Ala Roi di Palazzo Chiericati a Vicenza.



Con l’apertura dell’Ala Roi, intitolata al marchese e grande mecenate vicentino Giuseppe Roi, il Museo di Palazzo Chiericati, una delle più importanti collezioni civiche del Veneto, offre a vicentini e turisti un suggestivo viaggio nella storia dell’arte vicentina e veneta, completando, in modo organico e permanente, il percorso dal Duecento alla fine dell'Ottocento.
Nella sua nuova veste, l’Ala Roi propone ed espone infatti il meglio dell’arte nelle sue diverse manifestazioni del Seicento, Settecento e dell’Ottocento, secoli fondamentali nella storia e nella produzione artistica del territorio.
Tra i capolavori esposti, le pale di Tiepolo e Piazzetta provenienti dalla chiesa vicentina dell'Araceli e il corpus dei bozzetti in terracotta della bottega di Orazio Marinali.
Grande novità della nuova Ala Roi è l’affondo che si è voluto dedicare all’operosità di Vicenza e in particolare alla sua gloriosa tradizione produttiva tessile e serica, testimoniata tra le altre opere dalla Collezione Marasca. Si riconosce così che tali aspetti della storia economica della città ne hanno determinato il volto nobile e ricco - specialmente dal punto di vista architettonico - grazie a una società intraprendente che nell’industria e mercatura della seta ha trovato secolare alimento e successo.
Se Vicenza, nei secoli, non avesse goduto di imprenditori illuminati, famiglie dedite al collezionismo d’arte e una presenza ecclesiastica così attenta e culturalmente vivace, non avrebbe potuto produrre e riunire le meraviglie che lo scrigno del Chiericati oggi compiutamente propone.
Sezioni specifiche sono riservate ai ritratti su rame, avorio, alla ceroplastica, sino alla sequenza, eccezionale, di bozzetti di Orazio Marinali e al gesso Trento di Canova.
A ricondurre alla Vicenza dell’epoca provvedono le vedute di Cristoforo Dall’Acqua.
L'Ala si chiude con gli ambienti dedicati all'Ottocento in un inedito intreccio tra le figure chiave della storia pre e post Risorgimentale e la nascita delle raccolte civiche. L'ultima sala è riservata al pittore vicentino Giovanni Busato autore di alcuni intensi ritratti.
La rinascita del Chiericati, voluta dall’Amministrazione Comunale di Vicenza, segna il compimento di un percorso lungo e complesso, avviato nel 2010 e mai interrotto, sindaco dopo sindaco, direttore dopo direttore. Un percorso unitario per impostazione, coerente negli aspetti storico artistici quanto in quelli allestitivi, come un museo moderno richiede.
La ricchezza delle architetture storiche palladiane, la chiara levità di quelle contemporanee, le scelte di illuminotecnica e di allestimento consentono oggi al visitatore di immergersi in epoche ed autori, secondo la personale scala di priorità, aiutato dai cinque colori di base dell’allestimento, dalla valorizzazione visiva delle opere principali e da tutti quegli accorgimenti che appagano le più diverse tipologie di visitatori.
«Con l’apertura dell’Ala Roi – afferma il sindaco Giacomo Possamai – Palazzo Chiericati offre ai visitatori un patrimonio culturale straordinario su cui si fonda l’identità del nostro territorio in uno spazio che è esso stesso un capolavoro, nato dal dialogo tra l’edificio palladiano e gli altri ambienti sapientemente riqualificati e riorganizzati».
«Ora – aggiunge l’assessore alla cultura, al turismo e all’attrattività della città Ilaria Fantin - prende pienamente forma il progetto di trasformare i museo in una cittadella delle arti e della cultura, iniziato nel 2010 con il restauro del gioiello palladiano e che terminerà con la riqualificazione delle aree tecniche, di servizio e di accoglienza e il recupero della corte interna. Questo nuovo percorso espositivo permanente dà la cifra del lavoro che possiamo fare per il patrimonio civico in termini di recupero e valorizzazione ».
La nuova Ala Roi è stata finanziata dalla Fondazione istituita dal marchese Giuseppe Roi nel 1988 con lo scopo di contribuire alla crescita e valorizzazione dei Musei Civici.
Il Museo civico di Palazzo Chiericati è aperto da martedì a domenica dalle 10 alle 18. (ultimo ingresso alle 17.30)


Giornalista, promotore e curatore indipendente di eventi e iniziative dedicate all’arte contemporanea. Nel suo percorso di ideatore ha dedicato particolare attenzione per più settori artistici, con particolare attenzione verso la pittura, la fotografia, la scultura. Ha organizzato curandone anche gli aspetti editoriali, grafici e artistici numerose mostre e progetti per istituzioni pubbliche.
 
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